Nel ’76 vince nuovamente il Premio Anna Magnani per le sue interpretazioni cinematografiche.
Il 1976 è un anno determinante per la sua carriera e in qualche modo per la storia dello spettacolo italiano. Insieme a Roberto Lerici aveva concepito e sperimentato uno spettacolo dal titolo provvisorio SERATA in cui era in scena insieme a una piccola orchestra. Vi era inserito un pezzo, scritto da Lerici, in cui un mago illusionista citava una formula che sarebbe diventata un titolo. A ME GLI OCCHI debutta ufficialmente a Sulmona su invito dello Stabile dell’Aquila nel maggio del ’76. Qualche tempo dopo approda al Teatro Tenda di piazza Mancini gestito da Carlo Molfese in sostituzione di un altro lavoro. Sarebbe dovuto restare pochi giorni...vi restò per tre anni consecutivi. A ME GLI OCCHI a cui si sarebbe aggiunto poco dopo il conciliante PLEASE, ottiene un successo di pubblico unico nella storia dello spettacolo del Novecento. Il Teatro Tenda nasce con l’intenzione di sdoganare il teatro dalle pastoie borghesi e dalla supponente intellighenzia, restituendo il teatro alla gente e la gente al teatro. Ci riesce in pieno proponendo una grande varietà di spettacoli, di artisti più o meno conosciuti nazionali e internazionali. Ma in Proietti e nel suo spettacolo il Teatro Tenda trova l’identificazione e il riferimento più completi. Il grande Eduardo disse... ”finalmente qualcuno continua”.
A ME GLI OCCHI oltre ad ottenere un successo popolare enorme, in un periodo, gli anni di piombo, in cui la gente è tutt’altro che invogliata a uscire di casa, si configura come una proposta fortemente innovativa che prende le mosse da una coraggiosa riflessione sul ruolo dell’attore. Proietti recupera e rivoluziona la tradizione eroica dell’attore mattatore, tentando la coabitazione di segni teatrali diversi, all’apparenza inconciliabili. Riesce perfettamente in questo intento e inventa un personale linguaggio teatrale destinato a perdurare e a fare scuola. Gigi entra in scena con una cassa sulle spalle. La cassa, unico elemento scenografico, diventa lo scrigno della memoria dell’attore, come del suo pubblico. Nella cassa l’attore pesca casualmente e i propri ricordi diventano occasione irripetibile di gioco scenico. Il pubblico capisce al volo, sta al gioco, si diverte, si emoziona. In scena con lui, una “spalla” e un’orchestra di pochi elementi, sempre sollecitati a proporre lo stesso gioco attraverso la musica e le canzoni.
Nel corso di un triennio lo spettacolo viene presentato anche in tournèe e ne vengono realizzati un disco e un video